Chiunque abbia mai sentito parlare di Venezia ha sentito parlare del Vetro di Murano. La bellezza e la raffinata artigianalità del suo vetro artistico è rinomata in tutto il mondo: i collezionisti sono disposti a separarsi da notevoli somme di denaro per poter esporre vasi, candelabri e sculture di straordinari Maestri Muranesi nelle loro abitazioni, e ai viaggiatori piace tornare a casa con il più grande souvenir di Vetro di Murano che riescono a infilare in valigia, per ricordare un'esperienza indimenticabile.
Ma in tutto questo, un'arte minore — anche se non meno elaborata e ricca di storia — è spesso trascurata: la creazione delle perle. Una forma d'artigianato tra le più antiche conosciute all'umanità, è risalente almeno all'epoca romana, anche se molto probabilmente era già presente in Egitto e Mesopotamia, con prove del commercio delle perle che arrivano fino alla Danimarca.
La creazione delle perle di vetro a Venezia: dall'imitazione di pietre preziose alle Murrine e alle perle a Lume
A Venezia la produzione di perle di vetro è documentata con sicurezza dal XIV secolo, e per centinaia d'anni è stata un prezioso bene di scambio e di esportazione verso l'Africa, le Americhe e l'India.
Durante la crisi di Murano all'inizio del XIX secolo — dopo la caduta de La Serenissima Repubblica di Venezia— quando la richiesta delle tipiche opere di Vetro di Murano si ridusse drasticamente, la produzione di perle fu l'unica a continuare a prosperare ed espandersi, di fatto salvando l'industria vetraria Veneziana con la sua richiesta di materia prima alle fornaci di Murano. Quando, durante la seconda metà del secolo, il Vetro di Murano conobbe una rinascita, la produzione di perle crebbe ulteriormente, continuando le attività di scambio fino all'inizio del 1900.

Fonte: Museo del Vetro di Murano
Nonostante tutto ciò, la storia delle perle di vetro Veneziane viene spesso trascurata quando si parla di Vetro di Murano, o, in molti altri casi, relegata in una nota a piè di pagina. La ragione di ciò è, innanzitutto, il fatto che le perle di vetro per loro stessa natura non sono ben documentate: sono state per la maggior parte create da molti artigiani sconosciuti — non da Maestri che appartenevano a famiglie ben note nel mondo vetrario — ed erano generalmente considerate di scarso valore, rispetto alle sculture e ai vasi delle fornaci di Murano. Gli uomini e le donne che hanno creato queste perle non percepivano il loro contributo ai commerci e alle esplorazioni del mondo, né il loro effetto sui costumi di molte popolazioni, e per questo le piccole imprese — per non parlare di quanti lavoravano dalle loro case — non tenevano registri accurati della loro produzione e vendita, e anche quando lo facevano, questi venivano poi spesso scartati.
Veriselli e Paternostri: le prime perle di Vetro di Murano
Le prime testimonianze riguardanti la produzione delle perle di Vetro di Murano risalgono alla fine del XIII secolo, e fanno riferimento a un genere di perle chiamate veriselli, ovvero imitazioni di vetro di pietre preziose. La leggenda vuole che Marco Polo, di ritorno dai suoi viaggi in Asia, raccontasse l'amore di quelle popolazioni per le pietre preziose e gli artigiani di Venezia videro la possibilità di creare per loro repliche in vetro, iniziando così una lunga tradizione di commercio di perle.
In molti casi, gli stessi artigiani che realizzavano queste perle creavano anche i cosiddetti paternostri — cioè le perle del Rosario — acquistate in gran numero dai pellegrini cristiani che si fermavano a Venezia sulla via per Gerusalemme. Il documento più antico che fa riferimento a questi paternostri di vitro risale al 1338 e, ironicamente, appartiene al processo di un fallito tentativo di evasione delle tasse all'esportazione.
Margarite: una rivoluzione nel modo di fare le perle di vetro
In seguito fu introdotto un tipo più piccolo di perla di vetro, che utilizzava sottili canne di vetro forate, chiamata margarita. Queste canne venivano tagliate in piccoli pezzi che erano poi rivestiti di una miscela di calce e polvere di carbone (per evitare di ostruire i loro fori), riscaldati a fuoco basso e mescolati in grandi padelle di metallo, chiamate ferrasse, per arrotondare le perle. Rispetto ai paternostri, che venivano fatti uno ad uno a speo — cioè su bastoncini metallici, le margarite permettevano una produzione di massa molto più rapida, a costi inferiori.
Le Margarite erano ciò che ora chiamiamo Conterie
Sin dal XIX secolo le margarite sono per lo più chiamate conterie, un termine ancora usato ai giorni nostri, sebbene un tempo si riferisse a qualsiasi tipo di perla. Le origini di questo nome sono ancora incerte: alcuni sostengono che provenga da contigia, che significa ornamento, a causa del loro uso; altri lo riconducono a contare, poiché erano spesso usate come valuta di scambio, o forse perché, all'inizio, quando queste perle erano ancora abbastanza grandi, erano vendute a numero e non a peso.

Le Impiraresse: un'eredità femminile
Le conterie erano infilate in mazzi dalle cosiddette impiraresse — dal verbo veneziano impirar, che significa infilare — al fine di garantire al compratore finale la qualità delle perle e la perfezione dei loro fori. Versavano le perline, divise per colore, in un vassoio di legno con un fondo curvo — la séssola, e tenevano tra le mani 40-80 aghi molto sottili, a forma di ventaglio, con cui infilavano le conterie in lunghi fili di cotone o lino.
Questo era un lavoro esclusivamente femminile, che le donne svolgevano nelle loro case: da un lato, ciò garantiva la loro essenziale presenza nell'ambiente domestico; dall'altro, però, le esponeva ad un carico di lavoro spesso estenuante. Esse erano, infatti, pagate a cottimo, e facevano affidamento alle mistre, intermediarie che avevano rapporti diretti con le vetrerie di Murano, e portavano le conterie alle impiraresse, gestendo il loro pagamento e, a volte, fornendo loro anche servizi come piccoli prestiti.

Fonte: Tomaso Filippi Archive, Gioielli Nascosti di Venezia
Questo mestiere aveva anche importanti implicazioni sociali. Era una parte fondamentale della cultura materiale che si tramandava di generazione in generazione lungo la linea femminile, in quanto veniva insegnato alle ragazze in giovane età dalle loro stesse madri.
Svolgeva inoltre un ruolo centrale nella costruzione e nel rafforzamento delle relazioni di vicinato, dato che di solito si svolgeva durante la bella stagione, nelle calli (strade) e nei campielli (piccole piazze) di Venezia, in particolare nei Sestieri di Castello e Cannaregio, ma anche sull'Isola della Giudecca. Le donne sedevano tutte assieme con i loro strumenti, chiacchieravano e si scambiavano confidenze e, in molti casi, manifestavano il loro malcontento per il salario e il carico di lavoro; malcontento che con il tempo finì per sfociare in protesta alla fine del XIX secolo, quando presero parte a scioperi.
In ogni caso, rimase una professione diffusa fino al XX secolo, e un'importante fonte di reddito per molte famiglie veneziane. Il loro mestiere era inoltre diviso in categorie: le impiraresse da fin erano specializzate nell'infilare le conterie più piccole; le impiraresse da fiori creavano meravigliose foglie e petali infilando le perline su fili di ferro, che poi attorcigliavano e piegavano con maestria; infine, molte di loro producevano le frange che furono piuttosto popolari negli anni '20 e venivano usate per decorare tende, lampade e vestiti charleston.
Al giorno d'oggi questa è purtroppo un'arte che si sta perdendo, e sono poche le impiraresse rimaste.
La produzione di perle si svolge a Venezia o Murano?
Vale la pena menzionare che nel 1291 un decreto de La Serenissima Repubblica di Venezia ordinò ai produttori di vetro di spostare le loro vetrerie sull'isola di Murano a causa dell'elevato rischio di incendio: l'isola avrebbe consentito ai cittadini di limitare possibili incidenti. In questo modo venne definitivamente consolidata la fama di Murano come isola del vetro.
Alcuni mestieri come la produzione di perle, tuttavia, potevano ancora essere eseguiti a Venezia, perché richiedevano fornaci molto più piccole: era il caso della produzione di veriselli e paternostri.
Tuttavia, come di solito accade con la storia, le incoerenze e le eccezioni sono abbondanti, ed è impossibile tracciare una linea chiara tra ciò che veniva creato a Venezia e quello che era prerogativa di Murano, anche nei casi in cui i documenti sono disponibili. Ciò che possiamo sottolineare è che nel 1469 il divieto di esportare al di fuori di Venezia le conoscenze e i materiali necessari per lavorare il vetro (implementato intorno al 1285-1295) fu ristretto addirittura all'isola di Murano, e venne revocato solo intorno al 1493.
Durante questo periodo, tuttavia, furono concesse eccezioni, tra cui spicca quella del 1487, a favore di Marietta Barovier.
La Rosetta, la perla di vetro più conosciuta al mondo, fu realizzata da una donna: Marietta Barovier
Maria Barovier, conosciuta spesso come Marietta, era la figlia di Angelo Barovier — il più notevole innovatore artistico e tecnico della lavorazione del vetro del XV secolo — e fu sua degna erede nella composizione di pasta vetrosa.
Un mandato del 1487 autorizzò Marietta a continuare il suo lavoro su "opera sua pulchra inconsueta et non sufflata, in quadam sua fornace parvula ad hoc studiose confecta", cioè sulla sua opera d'arte bella, insolita e non soffiata (intendendo vetro soffiato), in una piccola fornace appositamente costruita per questo scopo.
Luigi Zecchin, in un articolo pubblicato nel Journal of Glass Studies nel 1968, identifica questa opera d'arte come la Rosetta, nota anche come perla chevron, ottenuta da una canna forata composta da 6 strati di vetro (bianco, blu, bianco, rosso , bianco e infine blu), modellati per creare, in sezione, stelle a 12 punte. La canna viene poi tagliata in piccoli pezzi e levigata.

Queste perle potevano quindi essere realizzate con un gioco di colori relativamente semplice, e richiedevano attrezzature modeste. La difficoltà tecnica poteva essere attribuita principalmente alla necessità che i diversi tipi di vetro avessero coefficienti di dilatazione simili, il che non sarebbe stato un problema per Marietta, che poteva fare affidamento sulle ricette ereditate da suo padre.
La Rosetta divenne presto, per Venezia, una delle perle più commerciate; era considerata di grande prestigio in varie regioni africane, e spesso le venivano attribuiti poteri magici: in Ghana, ad esempio, le donne, dopo il parto, bevevano acqua da un bicchiere dove era stata posta una Rosetta, poiché si pensava che le aiutasse a ritrovare le proprie forze.
Murrine e Millefiori: un'arte riscoperta
Bisognerà però aspettare fino al 1830 perché l'opera iniziata da Marietta Barovier con la sua Rosetta evolva e diventi quello che ora è ampiamente riconosciuto come uno dei simboli del Vetro di Murano: la Murrina.
Le sue origini possono, in verità, essere fatte risalire al 1000 a.C., nel nord-ovest dell'Iran, e anche in epoca romana si producevano bellissimi vasi in vetro mosaico disponendo diverse sezioni trasversali di canne di vetro in modo da creare motivi specifici.

Fonte: Giusy Moretti
Questa tecnica fu poi dimenticata durante il Medioevo, ma è facile vedere la similitudine con la Rosetta, e i suoi strati concentrici di vetro, che anticipa le creazioni che si svilupperanno nel XIX secolo, per mano di artisti come Domenico Bussolin, Giovanni Battista e Giacomo Franchini, e successivamente Vincenzo Moretti e Giuseppe Barovier, che realizzarono piccoli ritratti di squisito artigianato.
La lavorazione della Murrina di Vetro di Murano oggi
Le Murrine come le conosciamo oggi vengono create raccogliendo una massa di vetro fuso con un'asta di metallo, e in seguito sovrapponendoci altri colori, assicurandosi che non si mescolino. L'inserimento della massa di vetro in stampi scanalati durante le diverse fasi di questo processo permetterà di creare motivi concentrici, che ricordano ad esempio fiori, stelle o cuori.

Fonte: Effetre Murano
Successivamente, il pezzo di vetro risultante viene rotolato su un tavolo di metallo, finché non diventa cilindrico, quindi viene attaccata anche all'altra estremità un'asta, in modo che due artigiani — chiamati tiracanna — possano allontanarsi l'uno dall'altro, tirando e quindi assottigliando il cilindro fino a raggiungere il diametro richiesto, mantenendo però il disegno.

Fonte: Giusy Moretti
La canna di vetro così ottenuta verrà quindi tagliata in piccole porzioni, che presenteranno tutte il decoro desiderato, e che prendono il nome di Murrine. Queste sezioni possono essere giustapposte e fuse insieme per creare opere più complesse, come vasi, ciotole e pendenti, spesso chiamate Millefiori.
Un nuovo modo di realizzare le perle di Vetro di Murano: la lavorazione a Lume
Se facciamo un passo indietro, tra il XVI e il XVII secolo fu sviluppato un altro approccio alla produzione di perle di vetro.
Può essere ricondotto alla produzione dei paternostri, presumibilmente realizzati con una tecnica chiamata a speo, che consisteva nel raccogliere il vetro fuso su un ago metallico da un crogiolo, o nel farlo colare direttamente sull'ago: in entrambi i casi, si richiedeva una piccola fornace per fondere il vetro.
Quando furono inventate le canne di vetro forato, i paternostreri — gli artigiani che creavano questo tipo di perle — iniziarono a usarle inserendo l'ago in piccoli cilindretti cavi ottenuti tagliando le canne, che venivano poi ammorbiditi e modellati a fuoco. Questa tecnica era più semplice, ma creava perle di vetro meno raffinate.
L'introduzione delle lampade ad olio
Successivamente, tuttavia, alcuni artigiani iniziarono ad utilizzare lampade ad olio per fondere il vetro, che poteva quindi essere versato sull'ago in modo simile a prima. Le prime testimonianze di questa tecnica risalgono al 1629, quando fu imposto ai suppialume di unirsi alla Scuola dei paternostreri, poiché utilizzavano anch'essi canne di vetro per la loro produzione. Erano invece, almeno all'inizio, chiaramente separati dai margariteri, che utilizzavano invece canne forate e non piene. Infine, entrarono a far parte dell'Arte de perleri.
Il nome suppialume è dovuto al fatto che non solo producevano perle, ma anche oggetti soffiati a bocca — quindi suppia, soffiati — e al loro uso di lampade — quindi a lume.
Nella maggior parte dei casi queste lampade erano alimentate da grasso animale, e veniva usato un mantice per aggiungere ossigeno alla fiamma, raggiungendo così le temperature necessarie per fondere il vetro. La semplicità dell'attrezzatura necessaria per questo tipo di lavorazione le permetteva di essere utilizzata in piccoli laboratori, e la perlera divenne presto un lavoro prevalentemente femminile, insieme a quello dell'impiraressa.
Il cannello a gas: un'innovazione poco gradita
Durante la prima metà del XIX secolo i cannelli a gas iniziarono a diventare disponibili, ma all'inizio non furono molto apprezzati dagli artigiani, probabilmente perché la differenza nella fiamma li costringeva a cambiare il loro modo di lavorare. Tuttavia, quando nel 1849 Venezia fu assediata dagli austriaci, la mancanza di bestiame da cui ricavare il grasso animale per alimentare le loro lampade costrinse i perleri ad adottare questa nuova tecnologia, che rimane in uso ancora oggi.

Fonte: Ercole Moretti
Lavorazione del Vetro a Lume: una tecnica sopravvissuta quasi inalterata
La tecnica della lavorazione a lume è sopravvissuta fino ad oggi quasi inalterata dall'introduzione del cannello a gas, e si possono ancora incontrare molti artigiani che producono le loro perle in piccoli laboratori nelle calli di Venezia e Murano, a differenza delle grandi fornaci che sono rimaste una prerogativa dell'isola di Murano dal Decreto del 1291.
Il cannello moderno
L'attrezzatura odierna è composta da un grande bruciatore metallico, collegato a bombole di metano o propano e addizionato ad aria grazie ad un compressore, che permette di raggiungere temperature di circa 800°C. Spesso gli artigiani usano anche un bruciatore leggermente più piccolo, alimentato da ossigeno puro che viene fornito da un'altra macchina, il concentratore. Questo cannello può raggiungere i 1100-1200°C, permettendo di fondere il vetro molto più velocemente ed emettendo anche meno calore, facilitando quindi il lavoro dell'artigiano.

La postazione di un lavoratore a Lume
Ogni artista organizza la sua postazione di lavoro per adattarsi al meglio alle sue esigenze e al suo tipo di lavorazione: alcuni producono solo perle, ad esempio, e in genere lavorano seduti, mentre altri creano sculture — a volte di dimensioni considerevoli — e devono potersi muovere, quindi il loro cannello è spesso mobile, e in alcuni casi preferiscono lavorare in piedi.
Noi produciamo principalmente perle, quindi la nostra postazione di lavoro è un tavolo a lato del nostro negozio, visibile dalla finestra e dall'interno, dove sono fissati i due tipi di bruciatori.


Elena Miani, lavoratrice a Lume di perle di Vetro di Murano, nel nostro negozio a Venezia.
Sopra quello più grande è collocato il bronzìn, una piccola lastra di metallo che viene utilizzata per lisciare o appiattire il vetro incandescente durante la lavorazione.
Un altro elemento molto importante è il pannello di vetro posto tra il bruciatore e l'artigiano, che lo ripara sia dalle schegge di una rottura imprevista — che potrebbe essere causata da un improvviso sbalzo termico — sia dal calore del cannello. Davanti al tavolo del nostro negozio si trova un altro vetro, per proteggere anche eventuali osservatori che si trovano all'interno.
A una certa distanza dal bruciatore, dall'altro lato, è collocato anche una sorta di piccolo fornetto, realizzato con materiale refrattario modellato come una piccola grotta. Questo permette di creare un zona calda che aiuta la fusione del vetro, visto che la temperatura raggiunta dal cannello è al limite del suo punto di fusione.
Infine, un aspiratore assicura un ambiente di lavoro privo di fumi, mantenendo al tempo stesso controllata la circolazione dell'aria, poiché improvvise correnti d'aria potrebbero causare rapidi sbalzi di temperatura, danneggiando le perle.
La materia prima: le canne di vetro

Fonte: Effetre Murano
Per realizzare le perle con la lavorazione a Lume, gli artisti usano speciali canne di vetro — cioè lunghi bastoncini — che sono disponibili in molti colori, lunghe circa un metro e spesso di diversi diametri. Queste canne sono realizzate da esperti artigiani nelle fornaci situate sull'Isola di Murano, con un processo che suonerà familiare dalla nostra descrizione delle Murrine.
Il vetro viene preparato in un apposito crogiolo, e gli artigiani raccolgono la massa fusa — il bolo — facendola aderire a un'asta di metallo.
Questa viene modellata facendola rotolare su di un tavolo di metallo, finché non assomiglia ad un cilindro; un secondo artigiano attaccherà quindi all'altra estremità del vetro fuso un'ulteriore asta, e inizieranno ad allontanarsi uno dall'altro, facendo appoggiare a terra la canna di vetro che si andrà via via assottigliando. Alla fine la canna di vetro avrà una lunghezza compresa tra 50 e 70 metri, e sarà tagliata in sezioni più corte, lunghe circa un metro ciascuna.

Fonte: Effetre Murano

Fonte: Effetre Murano

Fonte: Effetre Murano

Fonte: Effetre Murano
Le canne così create verranno acquistate dai vetrai a Lume, che le fonderanno nuovamente per creare le loro opere d'arte.
Modellare le perle di vetro
Il primo passo per creare una perla a Lume è fondere la punta della canna davanti alla fiamma del bruciatore, ruotandola di continuo per evitare che inizi a gocciolare.
Con l'altra mano l'artigiano prende un bastoncino di rame — che assicurerà la presenza del foro nella perla — e inizia a colare il vetro su di esso, ruotando il bastoncino per creare una forma uniforme e tondeggiante, delle dimensioni desiderate.
Questo è il punto di partenza per qualsiasi tipo di perla, indipendentemente dalla sua forma e dimensione: gli artigiani a Lume sfrutteranno quindi una serie di strumenti diversi per ottenere il risultato desiderato.



Le fasi iniziali della creazione di una perla di Vetro di Murano: la canna di vetro viene sciolta sul bastoncino di rame.
Gli strumenti
Uno strumento essenziale per qualsiasi artigiano è la borsella, una pinza di metallo (la parte che viene a contatto con il vetro è di solito in ottone, mentre l'impugnatura è generalmente di ferro) che può essere di diverse forme e dimensioni.
Ad esempio, una pinza piatta può essere utile per appiattire completamente una perla o per torcerla in una spirale, mentre una appuntita può essere utilizzata per pizzicarla e modellarla in forme creative. Un altro strumento utile è una sorta di forbici, o tagianti, che consente all'artigiano di creare piccoli tagli nel vetro, mentre è ancora incandescente. Lo stampìn, uno stampo con incavi di diversa grandezza, può invece essere utilizzato per modellare le perle in una forma sferica più precisa. Infine, esistono molteplici pinze per ottenere forme specifiche, come sfere, quadrati e cuori di varie dimensioni.





Diverse fasi della creazione di una perla di Vetro di Murano usando la tecnica del vetro a Lume.
Tecniche decorative delle perle di Vetro di Murano
Al di là della forma della perla creata dall'artigiano, saranno il tipo e il colore del vetro, oltre a qualsiasi altro materiale utilizzato, a determinarne la bellezza.
Ogni passaggio è cruciale, dalla scelta della canna al modo in cui il vetro viene modellato attorno al bastoncino di rame, e le decorazioni vengono realizzate, in molti casi, prima che la perla sia completamente sagomata.
Ciò che segue non vuole essere un elenco completo di lavorazioni a Lume, poiché tutti gli artisti hanno le loro tecniche distintive e preferite, nonché le loro variazioni ad esse. Ciò nonostante, vogliamo delineare le tecniche più usate e diffuse, che sicuramente incontrerai ad un certo punto della tua esplorazione delle perle di Vetro di Murano, così come quelle che noi apprezziamo di più.
Perle di vetro pastello
Le perle di vetro pastello sono il tipo più semplice che incontrerai: realizzate con canne di vetro opaco — che ovviamente esistono in moltissimi colori — possono essere divise in due categorie principali. Le perle a Lume che utilizzano solo il vetro pastello sono chiamate schiette, mentre quelle che sono coperte da un ulteriore strato di vetro trasparente sono spesso chiamate incamiciate, o anima ricoperta.
Alcune canne pastello, a causa della natura del loro colore, possono creare delle striature sulla superficie delle perle schiette, che le fanno assomigliare a pietre dure. D'altra parte, nelle perle incamiciate l'abbinamento cromatico del vetro pastello e di quello trasparente, che lo ricopre, può produrre sfumature di colore inaspettate: noi prediligiamo creare un'anima di pastello bianco ricoperta con uno strato di vetro trasparente colorato — questo conferisce alle perle un aspetto moderno, pur mantenendo la vivacità cromatica tipica del Vetro di Murano.
Un'altra opzione è quella di utilizzare colori diversi per creare intricate decorazioni sulle superfici delle perle — in alcuni casi precise, ma anche tratti casuali — e magari combinarle con altre tecniche, come il sommerso o l'Avventurina.
I nostri esempi più suggestivi di perle incamiciate pastello si trovano nella Collezione Bòvolo, tuttavia si possono scoprire, accostate ad altre perle, anche nelle collezioni Schisse, Rèfolo e Làgreme — in quest'ultima, nella versione in rosso, si trova anche un esempio di perle schiette.
Perle Sommerse in foglia d'oro o d'argento
Una delle tecniche a Lume più preziose è il sommerso, che utilizza sottili foglie d'oro e d'argento per arricchire le perle e farle brillare.



Le foglie — fogie in Veneziano — sono molto sottili e fragili, e in genere si trovano in forma quadrata di circa 8 cm di lato, separate da carta velina e raccolte in piccoli libretti.
Per creare le perle sommerse viene innanzitutto realizzata un'anima di vetro attorno al bastoncino di rame, sopra alla quale viene posizionata la foglia d'oro o d'argento — in genere la perla viene fatta rotolare su una foglia precedentemente ritagliata e stesa sul tavolo di lavoro, ben lontana dalla fiamma — e, una volta che questa ha aderito correttamente, può essere usato un altro strato di vetro per ricoprirla.
Il nome sommerso deriva dal fatto che le fogie sono letteralmente sommerse dal vetro, anche se per creare alcune decorazioni particolari si potrebbero lasciare parzialmente scoperte: ciò avviene principalmente con la foglia d'oro, perché l'argento tende ad ossidarsi.
Come sempre, la scelta del colore del vetro — e se è trasparente o opaco — che costituisce sia l'anima che lo strato esterno della perla influenzerà drasticamente il risultato: ad esempio, le foglie possono essere posizionate in modo da lasciar intravedere l'anima, mostrando così la sua tonalità, o si può usare due diversi colori di vetro trasparente per coprire la foglia, creando effetti incantevoli. Infine, quanto le foglie vengono lasciate crepare — frammentarsi — altererà notevolmente l'effetto finale.



Nella nostra Collezione Medàgie la foglia d'oro è la protagonista indiscussa, ed è un classico esempio di perla a Lume sommersa, in cui il vetro trasparente ne determina il colore. Allo stesso modo, la Collezione Cantóni in oro è interamente realizzata con perle sommerse quadrate, mentre nella Collezione Maravégia in nero si può vedere come il nucleo nero opaco alteri notevolmente l'effetto della perla, soprattutto quando la foglia d'oro che lo ricopre risulta molto crepata.
Infine, perle con foglie d'oro e d'argento sommerse si possono trovare nella maggior parte delle nostre Collezioni.
Perle d'Avventurina
L'Avventurina è un tipo di vetro pregiato e particolare, scoperto a Murano all'inizio del 1600, e per secoli rimasto una prerogativa di pochi abili artigiani. Deve il suo nome alla difficoltà della sua creazione: ventura significa fortuna, e lo stimato vetraio muranese Giovanni Darduin lo descrisse dicendo "la si dimanda Venturina, et con ragione, perché sortisse più per ventura che per scientia" — si chiama Venturina, e con ragione, poiché è creata più per fortuna che per scienza. A lui si deve anche la prima ricetta scritta di questo incredibile vetro (1644).
Si narra che fu scoperto a causa di una fusione interrotta e perciò andata male: sul fondo del crogiolo era rimasta questa particolare massa vetrosa, che, una volta rotta per pulirlo, rivelò frammenti di vetro risplendenti.
L'Avventurina è fatta di piccoli cristalli di rame incorporati nel vetro che, durante il raffreddamento, precipitano e si disperdono in modo omogeneo, donandogli una lucentezza metallica. La procedura per ottenerla è molto lenta e delicata, poiché le materie prime (come limatura di ferro, silicio metallico e carbone) devono essere aggiunte a più riprese, seguendo da vicino il processo di fusione.

Durante il raffreddamento, i cristalli di rame si separano completamente dal vetro, e la sua qualità dipende proprio dalla loro dimensione e omogeneità nel vetro. L'Avventurina viene quindi estratta dalla fornace quando è completamente solida, e viene tagliata come se fosse pietra dura.
È anche importante notare che la sua rifusione richiede particolari accorgimenti, poiché potrebbe alterarsi, motivo per cui bisognerà aspettare fino al XIX secolo per riuscire a trasformarla in canne e usarla nel vetro soffiato.
Il colore nella sua forma di base è un rosso brunastro, ma altre varianti più preziose possono essere verderame o blu.
L'Avventurina viene generalmente utilizzata a Lume rotolando la perla nei suoi frammenti mentre è ancora incandescente, quindi scaldandola sulla fiamma ed eventualmente coprendola con un altro strato di vetro e procedendo a dare forma alla perla.
Il risultato cattura la fluidità del vetro fuso come se fosse sospeso nel tempo, e i cristalli di Avventurina fluttuassero ancora lentamente nelle perle. L'aggiunta di diversi colori, o di foglie d'oro o d'argento — come nella Collezione Baète — permette di creare perle davvero uniche e scintillanti: le nostre preferite sono quelle presenti nelle Collezioni Schèi e Giosse, create da Elena Miani.
Perle a Màcie
Questa particolare tecnica a Lume fa uso di scarti di vetro, che altrimenti verrebbero sprecati, per creare macchie colorate - Màcie in veneziano - sulla superficie della perla.
In genere prendiamo il pezzetto finale delle canne di vetro usate, che sono ormai troppo corte per lavorare, le perle che si sono incrinate, perché raffreddate troppo rapidamente, e tutte le schegge che si accumulano sul tavolo di lavoro, e li frantumiamo ulteriormente in pezzi più piccoli, a volte dividendoli per colore o dimensione.
Per creare queste perle, la solita anima di vetro viene rotolata in un contenitore pieno di frammenti, mentre è ancora incandescente; quindi viene nuovamente posizionata sulla fiamma, per fondere le schegge e unirle all'anima. In seguito la perla potrà essere modellata con le solite tecniche, per ottenere la perla finale.
Una variante, che ci piace molto, sfrutta il talco per dare alla perla una finitura opaca e donare più contrasto ai frammenti di vetro.
Il risultato finale dipende molto dalle dimensioni dei frammenti, ma anche dal modo in cui l'artista li tira per creare striature sulla superficie delle perle, o se lascia che creino semplici puntini colorati. Usiamo queste perle a Lume per molti dei gioielli che vendiamo come pezzi unici, che puoi trovare esclusivamente nel nostro laboratorio a Venezia!


Perle Millefiori
Le perle Millefiori fanno uso delle famose Murrine — che abbiamo già ampiamente descritto — e sono una creazione emblematica del Vetro di Murano.
Sono create coprendo l'anima di vetro con le Murrine, sottili sezioni di canne di vetro che presentano intricati disegni, che vengono poi ammorbidite sulla fiamma per fonderle assieme e dare alla perla la sua forma finale. La scelta delle Murrine, ovviamente, determinerà l'aspetto delle perle ottenute.

Fonte: Museo del Vetro di Murano
La Millefiori è una creazione a Lume storicamente importante, che ebbe un enorme successo come perla commerciale sul mercato africano dalla seconda metà del XIX secolo — dove di solito si preferivano poco lucidate — e che in seguito divenne popolare anche in Occidente (dal 1900), dove invece erano richieste perfettamente lucide.
Perle Fiorate
La perla a Lume che, forse anche più della Millefiori, rappresenta la tradizionale perla veneziana è la Fiorata.
Per crearla sono necessarie le vette, canne di vetro molto sottili che vengono spesso realizzate dagli stessi lavoratori a Lume, riscaldando e allungando ulteriormente dei segmenti delle classiche canne, fino a che non raggiungono anche un solo millimetro di diametro, e talvolta anche appiattendole. Allo stesso modo, mettendo insieme diverse canne di vetro, è possibile ottenere vette multicolore.

Fonte: Stravagante Jewelry
Queste vette sono usate quasi come se fossero pennelli, disegnando puntini, petali, foglie e decorazioni intricate sulla superficie delle perle, che spesso presentano un caratteristico anello di Avventurina al centro, a volte ulteriormente decorato con punti e linee.
Perle Soffiate
Per questo tipo di perle a Lume il vetro, invece di essere colato su un tubino di rame, è raccolto su un'asticella forata, che viene utilizzata per soffiare la massa vetrosa, creando una piccola bolla di vetro, in modo simile a come vengono realizzati oggetti più grandi nelle fornaci di Murano.
Raffreddare le perle con la perlite
Una volta che le decorazioni sono complete e la forma definita, la perla deve raffreddarsi lentamente, per evitare incrinature e rotture causate dallo shock termico.
Ecco perché di solito vengono messe in un contenitore pieno di perlite: questo è un materiale espanso, ottenuto da roccia vulcanica sottoposta ad alte temperature per dilatarlo e far evaporare l'acqua al suo interno. Le micro-cavità che si formano lo rendono un materiale leggero e altamente isolante, che consente un raffreddamento lento e graduale delle perle.
Una volta raffreddate, la parte più lunga del bastoncino di rame viene tagliata per essere riutilizzata, e le perle a Lume sono pronte per il passaggio finale.
Ottenere un foro nelle perle
Come abbiamo visto prima, il vetro è fuso e modellato su un bastoncino di rame. Per secoli le perle di Vetro di Murano sono state in realtà realizzate utilizzando un ago di ferro ricoperto di una pasta di argilla, in modo che il vetro non si attaccasse all'ago e fosse possibile estrarlo: alcuni artigiani preferiscono ancora oggi questa tecnica, poiché consente di ottenere la perla finale immediatamente.
Nel 1935, tuttavia, Ercole Moretti & F.lli sostituì all'ago di ferro il bastoncino di rame che usiamo tutt'ora, che veniva poi sciolto nell'acido nitrico: questa innovazione si diffuse velocemente, perché non lasciava residui di argilla e permetteva di creare fori molto più piccoli.
Questa procedura viene eseguita da aziende specializzate a Murano, dal momento che è un processo chimico delicato e regolamentato, e le perle a Lume così ottenute vengono assemblate, insieme a conterie e altri piccoli componenti metallici, per creare i bellissimi gioielli di vetro per cui Venezia e Murano sono conosciute.
Bibliografia.
- Paolo Zecchin, La nascita delle conterie veneziane. Journal of Glass Studies, Vol. 47 (2005), pp. 77-92
- Luigi Zecchin, Maria Barovier e le "rosette". Journal of Glass Studies, Vol. 10 (1968), pp. 105-109
- Giovanni Sarpellon, Le perle veneziane: un tesoro da scoprire. Matematica e cultura (2010)
- Vincenzo Zanetti, Piccola guida di Murano e delle sue officine, 1869
- Nadia Maria Filippini, Un filo di perle da Venezia al mondo. La Ricerca Folklorica No. 34, La vita sociale delle perle. Produzione materiale, usi simbolici e ruoli sessuali: da Murano all'Africa e al Borneo (Oct., 1996), pp. 5-10
I enjoyed reading this in-depth article about the history and manufacture of Murano glass beads— it has given me a greater appreciation for the lovely necklace I wear! I now understand that the jewellery your family makes does not only display the talents of this generation, it also represents 1000 years of Venetian ingenuity, skill and artistry. I hope traditional beadmaking continues to flourish, enabling future artisans to create pieces which share the unique beauty and sparkle of Venice.
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